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LA STORIA DI RAMON DIAZ: DA PUNTERO TRISTE A MIGLIOR MARCATORE DEI LUPI IN SERIE A.
Léestate del 1982 resteré impressa nella memoria di ogni tifoso italiano per la storica e gloriosa vittoria della nazionale nel éMundialé spagnolo.
In quelléestate, però , ci fu un altro avvenimento importante: léapertura nel calciomercato al secondo extracomunitario in rosa, che porteré negli anni a venire i più grandi campioni dell’epoca a calpestare i campi di mezza serie A, aumentandone caratura tecnica, rilevanza e appeal internazionale, trasformando in poco tempo il nostro calcio e il nostro campionato nel più bello e più seguito al mondo.
Léestate é calda, soprattutto per i direttori sportivi, che si danno da fare per accaparrarsi il grande campione , la giovane promessa, il giocatore che può far fare il salto di qualità.
Il colpo lo piazza il Napoli, che appunto, vuole migliorare il quarto posto dell’anno precedente e puntare allo scudetto.
Arriva Ramon Diaz.
Bonetto, direttore del Napoli, individua in una punta da 20 gol, il giocatore che potesse infiammare il San Paolo, il nuovo centravanti della Nazionale argentina, Ramon Diaz.
é vero, Kempes, Valdano e Bertoni (caso del destino, anche lui arrivé al Napoli due anni più tardi) erano i titolari indiscussi ma i trascorsi di Diaz nella Under 20 dell’Argentina non lasciavano dubbi a critici e giornalisti. Era lui la novità dell’Albiceleste, il predestinato, colui che con Maradona aveva fatto sfracelli in tutte le nazionali giovanili.
Capocannoniere ai mondiali under 20 in Giappone e gié titolare fisso con il River Plate, Diaz viene accolto a Napoli come il grande colpo che porteré il titolo a casa.
Agile, forte tecnicamente e con un impressionante rapidità déesecuzione, léargentino con la faccia da Indioé sembra léuomo giusto e Napoli comincia a sognare.
Tuttavia Il campionato per il Napoli si rivela tuttàaltro che una lotta allo scudetto, léimpatto con il nuovo calcio éeuropeoé é difficile e Ramon non riesce ad integrarsi in una squadra che non gira, complice anche la scelta infelice della società di affidarsi ad un allenatore come Massimo Giacomini che mal si adatta alla realtà partenopea.
Morale della favola, il tecnico viene esonerato dopo 11 giornate, con il Napoli miseramente ultimo con 7 punti a pari merito con il Catanzaro e Diaz ad aver messo a segno due sole reti, per far posto alla coppia in panchina composta dagli ex Bruno Pesaola e Gennaro Rambone.
Gli azzurri riescono a fatica a salvarsi, ma il cambio alla guida non giova a Diaz che, anzi, nel Girone di ritorno va a segno solo nel éDerby del Sudé contro la Roma all’Olimpico, dove peraltro il Napoli é travolto 2-5, rinchiudendosi sempre più in se stesso, tanto da meritarsi léappellativo di éPuntero tristeé che non léabbandona nel resto della sua esperienza nel Bel Paese.
La sfortunata stagione con il Napoli sa di cocente bocciatura per Diaz nell’esordio nel calcio che conta, i tifosi sono delusi, léargentino passa da grande colpo di mercato a bidone e giocatore finito.
La sua esperienza con il Napoli non può continuare. A fine stagione Diaz emigra poco lontano, si trasferisce all’Avellino. Una scelta che parrebbe segnare léinizio della parabola discendente per léargentino, ma che, viceversa, si trasforma nell’ideale trampolino di lancio per la seconda parte della sua carriera.

éLéimportante non é essere tesserato con un grosso club é disse all’indomani del trasferimento dal Napoli all’Avellino é ma di giocare e di dimostrare di avere la classe per rendere come i tifosi si aspettano. La mia promessa é di segnare quanti più gol possibili, non per la salvezza, ma per dare all’Avellino una classifica tranquillaéé
Quelle parole suonano come una dichiarazione déamore per léAvellino e i suoi tifosi. La città lo accoglie come un re: la sola notizia del suo arrivo indusse migliaia di tifosi a sottoscrivere léabbonamento allo stadio.
Avellino si coccola il suo campione. Diaz ritrova tranquillità e autostima, non é più éel puntero tristeé, il calore genuino del pubblico irpino gli ricorda quello sudamericano e in pochissimo tempo Ramon torna ad essere quel giocatore di cui, qualche anno prima numerosi addetti ai lavori tessevano le lodi.
Il Partenio si trasforma ogni domenica per lui nel éMonumentalé.
éHo trovato tanti tifosi entusiasti, mi é sembrato di rinascere. Dopo la calda accoglienza che ho avuto, mi sono reso conto che quello avellinese é un ambiente passionale del tipo sudamericano. Mi hanno fatto dimenticare déincanto un anno sofferto tinto da cocenti umiliazioni. Con léAvellino voglio dimostrare che Diaz non é affatto un calciatore finitoé.
E cosé saré. Tre anni per tre salvezze consecutive alle quali lui contribuisce con il suo gioco e, soprattutto con i suoi gol, spesso pesanti, anzi pesantissimi. Ce n’é per tutti: dal Napoli alla Juve, alle dirette concorrenti.
Grazie all’intesa con il peruviano Jeronimo Barbadillo ed il supporto a centrocampo di Colomba, Tagliaferri ed un giovane Nando Di Napoli, Diaz ritrova il piacere di giocare a Calcio, contribuendo con 7 reti alla salvezza degli irpini, nonché a togliersi un sassolino dalla scarpa allorché, il 12 febbraio 1984, realizza in apertura léunica rete che decide il derby con il Napoli é che conclude il Torneo a pari punti coi biancoverdi a quota 26 é per poi essere sostituito a 9é dal termine per ricevere léovazione di un éPartenioé in delirio .
Giocé dal 1983 al 1986, diventando nel 1985 capitano e con la fascia al braccio timbra per dieci volte, primo giocatore dell’Avellino ad andare in doppia cifra in Serie A.
In totale nel massimo campionato italiano, saranno 54 le reti messe a referto e saré léAvellino, con 22 gol in 3 anni, la squadra con cui ha segnato di più.

Dopo léAvellino passé alla Fiorentina, per 10 miliardi di lire, dove vide crescere un giovane Roberto Baggio. Fino al 1988 restà a Firenze, poi lo notà un certo Giovanni Trapattoni che lo volle a tutti i costi nella sua Inter del 1988-89. Fu l Inter dell’ultimo scudetto (pre-anni 2000), l Inter dei record di Mattheus, Brehme, Berti, Bianchi e Diaz.
Ma il cuore di Ramon é sempre rimasto in Irpinia.
éAd Avellino trovai il mio sudamericaé disse qualche anno più tardi, una terra in rinascita, dopo il terrificante terremoto dell’ottanta, che lo ha accolto e fatto rinascere.
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